Salvo D'Acquisto
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La storia. Salvo D'Acquisto, la beatificazione è più vicina
Mimmo Muolo per Avvenire, giovedì 14 novembre 2024 (https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/ultimo-giorno-del-convegno-del-dicastero-delle-cau)
Sull'offerta della vita il convegno vaticano sul Dicastero delle cause dei santi. La storia del carabiniere che si sacrificò per salvare un gruppo di civili durante un rastrellamento nazista
Salvo D'Acquisto - Dal Web
Fa un decisivo passo in avanti la causa di beatificazione di Salvo D’Acquisto. E presto si potrebbe giungere alla dichiarazione, da parte del Papa, della venerabilità del brigadiere che offrì la sua vita in cambio di alcuni ostaggi dei nazisti nel 1943. A quel punto mancherebbe solo il miracolo. Lo scatto è avvenuto il 19 settembre scorso grazie «al felice esito del Congresso particolare sull’offerta della vita» in seno al Dicastero delle cause dei santi, come ha ricordato ieri il segretario del Dicastero stesso, l’arcivescovo Fabio Fabene, intervenendo al convegno “Non c’è amore più grande. Martirio e offerta della vita”, i cui partecipanti saranno ricevuti questa mattina in udienza da Francesco. La giornata conclusiva del simposio è stata dedicata proprio alla terza via della santità - cioè l’offerta della vita - introdotta come fattispecie a se stante e perciò distinta dalle altre due (martirio ed eroicità delle virtù) da un motu proprio del Papa, Maiorem hac dilectionemdell’11 luglio 2018. In pratica vi si stabilisce che è possibile proclamare la santità di coloro che siano morti per amore del prossimo, affrontando un pericolo che quasi certamente li avrebbe condotti alla fine della propria esistenza. Si pensi a un medico morto per curare i malati di una grave epidemia, avendo contratto egli stesso la malattia, o al caso di Gianna Beretta Molla, che non volle abortire al fine di curarsi da un tumore e che morì una settimana dopo aver partorito la sua terza figlia. Ora il sacrificio di Salvo D’Acquisto rientra in questa nuova fattispecie. Monsignor Fabene ne ha ricordato ieri le complesse tappe. «Dapprima l’inchiesta diocesana fu sulle virtù in grado eroico. Poi, arrivati gli atti processuali alla Congregazione delle cause dei santi, si è ritenuto di mutarne il lemma alla fattispecie del martirio. Ma il Congresso peculiare dei Consultori teologi il 30 novembre 2007 giudicò gli elementi probatori non sufficienti a dimostrare che si sia trattato di un vero e proprio martirio. Con Maiorem hac dilectionem anche la causa di Salvo D’Acquisto ha trovato una fattispecie più idonea e consona». Per cui ora essa sarà sottoposta alla sessione ordinaria dei cardinali e vescovi (probabilmente entro il prossimo febbraio) e poi sarà trasmessa al Papa per la dichiarazione di venerabilità.
Dall’emanazione del motu proprio a oggi sono state istruite 13 cause per l’offerta della vita. I dati sono stati forniti da Fabene, ieri. «Di esse, 4 provengono dagli Usa, 3 dall’Italia, 2 dall’Ecuador e 2 dalla Spagna, 1 dalla Polonia e 1 altra dal Brasile. Il numero complessivo è di 17 Servi di Dio: 1 cardinale, 10 sacerdoti (2 religiosi, 8 diocesani), 1 religiosa e 5 fedeli laici di diverse età. Sette cause provengono da un cambiamento di lemma, sei sono originali».
Il cardinale Ludovico Altieri - Dal Web
Le altre due cause “italiane” riguardano un altro carabiniere, Albino Bandinelli, e il cardinale Ludovico Altieri, vescovo di Albano. Il primo nell’estate del 1944, pur non facendo parte dei partigiani, si spacciò per uno di loro di fronte alla minaccia del comando fascista di fucilare gli ostaggi, nonché di incendiare Santo Stefano d’Aveto, in provincia di Genova. Perciò fu ucciso. Il porporato laziale invece morì nel 1867 di colera dopo aver soccorso, senza temere per la propria incolumità, i colpiti dall’epidemia. «I martiri non sono stati e non sono degli eroi insensibili alla paura, all’angoscia, al panico, al terrore, al dolore fisico e psichico - ha detto il cardinale Marcello Semeraro, tracciando le conclusione del convegno -. Così, ad esempio, si trovano descritti eroi mitologici come Achille, noto per la sua invulnerabilità tranne che nel tallone; Prometeo, che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini; Eracle, proverbiale per le sue straordinarie fatiche e la sua forza sovrumana. I martiri cristiani, invece, - ha aggiunto il prefetto delle Cause dei santi - non furono impassibili. Furono umani». La loro esperienza ci parla «di forza nella debolezze e di forza della debolezza», secondo l’espressione usata da Andrea Riccardi. E da questo dare la vita deve trarre forza anche la Chiesa, specie in un’epoca segnata da un’antropologia caratterizzata, come ha detto la filosofa Lodovica Maria Zanet (intervenuta insieme con il francescano Maurizio Faggioni), da individualismo, diritti senza doveri e prevalenza del virtuale sulla realtà. Per invertire la rotta.
Irene Bernasconi
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Irene Bernasconi, dal Ticino agli ultimi dell’agro romano
Fu una delle prime maestre montessoriane, una donna straordinaria, un ponte di solidarietà con l’Italia. L'approfondimento della trasmissione della RSI "Segni dei tempi", settimanale evangelico che occupa di spiritualità, etica e diritti umani.
Si chiama Irene Bernasconi. E ha quasi trent’anni quando nel 1915 decide di lasciare il Ticino e la sua famiglia benestante per andare a insegnare nella sperduta campagna romana, a Palidoro.
È una delle prime maestre montessoriane. Lascia tutto per dedicarsi all’istruzione dei “guitti” nell’agro romano. I guitti sono i lavoratori stagionali che vivono nelle capanne e i loro figli sono bambini dimenticati da tutti.
Irene si rivela una donna straordinaria, un ponte di solidarietà tra il Ticino e l’Italia.
Palidoro nel 1915 vive fra miseria e malaria. Irene vi apre la “Casa dei bambini secondo il metodo Montessori”, una scuola che si dedica in particolare ai bambini fra i 2 ed i 6 anni. Insieme, tiene un diario in cui annota pensieri, riflessioni, speranze. Verso la fine della sua vita torna in Ticino, ma i suoi scritti rimangono a perpetua memoria. In questi scritti viene fuori tutto il suo sforzo per alfabetizzare degli adolescenti costretti a crescere con nulla, in una delle zone più paludose d’Italia.
La sua vicenda rientra all’interno dello sforzo per l’alfabetizzazione portato avanti all’inizio del secolo scorso da un piccolo gruppo d’intellettuali che per il loro impegno vengono definiti “i garibaldini dell’alfabeto”. Irene incontra anche alcune famiglie valdesi, divenendo per questo motivo una figura importante proprio per i valdesi in Italia e in Svizzera. “Avevo scelto di fare scuola in un posto dove non vuole andare nessuno”, scrive nei suoi Diari. E ancora: “Fra gente primitiva, bisognosa di affetto; tra bambini anche sporchi, scalzi, stracciati: bambini vicini alla terra”.
(Credit Ph – Ritratto di Irene Bernasconi, 1918 – Archivio fotografico della famiglia)
Palidoro - Storia
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Il piccolo Borgo di Palidoro si trova sul litorale a nord di Roma, al km 30 della Via Aurelia immerso in un paesaggio rurale di grande suggestione, dove il tempo sembra essersi fermato.
Il nome deriva dal termine latino paritorium (rovina) ed è riconducibile ai resti di un ponte romano a due arcate su cui venne innalzato un castello, di cui si ha traccia a partire dal XV secolo.
IL BORGO DI PALIDORO: LASTORIA E GLI EDIFICI PRINCIPALI
Durante il '500 il Borgo di Palidoro, è di proprietà della famiglia Muti che poi lo cede a Camilla Peretti, sorella di Papa Sisto V.
Alla fine del secolo passa definitivamente all’Archiospedale di Santo Spirito in Sassia a cui si deve la trasformazione dell’originaria fortificazione in una prospera azienda agricola.
Il Borgo di Palidoro - La torretta
Così hanno luogo importanti iniziative per la valorizzazione del territorio, tanto da divenire una delle più rilevanti tenute ospedaliere dell’Agro Romano, rimasta attiva fino ai nostri giorni ed appartenente alla Regione Lazio.
Il borgo, ancora oggi ben conservato, mostra elementi della prima opera difensiva medievale, rappresentati da una torretta cilindrica e dai contrafforti che rinsaldano gli angoli di un edificio, il casale propriamente detto, in origine certamente parte integrante di un castrum, ovvero un abitato fortificato secondo il modello di insediamento rustico diffuso nella Campagna Romana.
Al centro della piazza si innalza la monumentale Chiesa intitolata agli Apostoli Giacomo e Filippo.
L’edificio attuale, forse eretto sui resti di una chiesa più antica, fu costruito durante il pontificato di Pio VI Braschi (1775-1799), come ricorda l’iscrizione presente all’interno.
La facciata in stile neoclassico, incorniciata da snelle lesene a sostegno del timpano, presenta un’ampia finestra ed un portale sormontato da un enorme stemma: uno scudo su cui sono scolpite le insegne di Papa Braschi.
La Chiesa del Borgo di Palidoro
Lo stemma Papale della Chiesa di Palidoro
L’interno della chiesa è costituito da un unica navata con copertura a botte, scandita lungo il perimetro da eleganti paraste.
Nel presbiterio rialzato, protetto da una balaustra decorata con la doppia croce emblema dell’Ospedale di Santo Spirito, vi è il pregevole altare marmoreo dominato dalla pala d’altare raffigurante lo Spirito Santo che discende sui Santi Giacomo e Filippo.
L'opera commissionata dal commendatore dell'ospedale di Santo Spirito Monsignor Francesco degli Albizi è stata realizzata nel 1788 dal pittore Antonio Cavallucci da Sermoneta.
Una volta fuori dalla chiesa, percorrendo le vie lastricate del borgo, è possibile incontrare vari stemmi in pietra posti sulle facciate degli edifici. Questi recano la doppia croce, spesso accompagnate dal simbolo araldico delle famiglie dei Precettori o Commendatori, ovvero i Direttori succedutesi nella reggenza del nosocomio romano, a testimonianza della sempre viva attenzione verso questo centro agricolo.
Altri lapidi ricordano invece il passaggio di molti Pontefici, che qui venivano a rifocillarsi per una piacevole sosta prima di raggiungere la loro destinazione finale: Civitavecchia, principale porto tirrenico dello Stato della Chiesa.
Chiesa di Palidoro - Il dipinto di Antonio Cavallucci da Sermoneta
Ancora oggi, il piccolo Borgo di Palidoro, rappresenta una tappa privilegiata dove, alla stregua degli antichi viandanti che erano soliti attraversare la via consolare, è possibile rifocillarsi in una delle trattorie presenti e gustare il sapore genuino dei piatti della cucina romana casereccia.
DAL BORGO ALLA TORRE DI PALIDORO
Lasciando il bordo e proseguendo verso la costa, si raggiunge la Torre di Palidoro eretta in epoca medievale alla foce del fosso omonimo, ed oggi situata a 100 metri dal mare a causa del progressivo avanzamento della costa.
La torre, alta circa 20 metri, costituiva una torre di avvistamento, fondata su ruderi romani. Ricostruita nel 1562 dall’Ospedale di Santo Spirito per fronteggiare la minaccia della pirateria turca è stata recentemente restaurata.
La sua struttura solitaria, immersa in un paesaggio litoraneo incontaminato ricco di flora mediterranea salta davvero all'occhio!
In questo luogo il 23 settembre 1943 venne fucilato dai tedeschi il vice brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto.
Il giovane per salvare la vita di 22 cittadini innocenti si autoaccusò dinnanzi ai militari tedeschi come unico responsabile di un presunto attentato contro un reparto delle SS. Il carabiniere, che aveva soltanto 23 anni, è stato insignito della Medaglia d'oro al valore militare ed ancora oggi accanto alla torre è possibile ammirare una stele che ne ricorda il gesto eroico.
di Eleonora Chinappi e Massimiliano Galletti Associazione Scrinium Arte.